Smart working: benefits, premio 100 euro e regime fiscale. Cosa deve sapere il datore di lavoro

21 maggio 2020

Ai tempi dell’emergenza sanitaria Covid-19, lo smart working è stata la soluzione (di forza maggiore) adottata dalle aziende per consentire ai lavoratori di continuare a rendere la prestazione lavorativa. Una volta dato il via, spesso in modo “rudimentale”, al lavoro agile in una forma più simile al telelavoro, molte sono state le situazioni particolari che il datore di lavoro si è trovato a dover affrontare. Tra queste: lo smart working è applicabile a tutti i dipendenti? Ai lavoratori a distanza spettano i benefits di cui già godevano e il bonus presenza di 100 euro? Ed infine, quale regime fiscale applicare ai lavoratori frontalieri svizzeri in smart working?

Il tema del presente articolo è stato trattato in uno dei numeri di Guida alle Paghe, il mensile diretto da Massimo Brisciani, dedicato ai professionisti e alle aziende che si misurano quotidianamente con l'elaborazione della busta paga e gli adempimenti amministrativi connessi alla gestione del rapporto di lavoro.
 
Sul tema “smart working” si è già scritto molto. Sono stati affrontati molteplici aspetti della prestazione lavorativa da remoto soprattutto ora che viviamo un’emergenza sanitaria di dimensioni planetarie.
 
Eviteremo quindi di riparlare della normativa che regola lo smart working come pure di entrare nel merito dell’attuazione di tale modalità lavorativa, spesso adottata dalle aziende a seguito dell’emergenza sanitaria Covid-19, senza una necessaria preventiva analisi.
 
Lo smart working è stata una soluzione di forza maggiore per consentire ai lavoratori, costretti a casa, di continuare a rendere la prestazione lavorativa a prescindere dall’essere fisicamente presenti nei locali aziendali.
 
Per questo, nei provvedimenti via via adottati dal Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) a partire dal 23 febbraio 2020, tenuto conto della straordinarietà della situazione, è stata data la possibilità di attuare il lavoro da remoto, in deroga a quanto previsto dalla normativa in vigore (art. 1, legge n. 81/2017), con modalità “semplificata”.
 
In queste settimane, una volta dato il via, spesso in modo “rudimentale” al “lavoro agile” in una forma più simile al vecchio “telelavoro” (postazione fissa presso il domicilio del lavoratore), molte sono state le situazioni particolari che il datore di lavoro si è trovato a dover affrontare.
 
Tra queste, la prima domanda che si è posta l’azienda è stata: tutti i dipendenti possono svolgere il proprio lavoro da remoto, c.d. smart working? E a seguire: ai lavoratori in smart working spettano gli stessi trattamenti economici di cui già godevano? Gli smart workers sono destinatari del bonus “presenza” di 100 euro, da riconoscere per il mese di marzo ex art. 63 D.L. 17 marzo 2020, n. 18? Quale regime fiscale applicare ai lavoratori frontalieri svizzeri in smart working?
 
Ecco le risposte.

Lavoratori che possono effettuare la prestazione in smart working

In linea di massima, qualora le mansioni normalmente svolte siano di carattere amministrativo – contabile- legale e comunque prevalentemente intellettuale, i lavoratori con la qualifica di impiegati – quadri – dirigenti potranno continuare a svolgere la loro attività dal proprio domicilio collegandosi telematicamente con l’azienda con PC, tablet o altri dispositivi elettronici.
 
Il lavoratore munito di autorizzazione per poter accedere al server aziendale ben potrà alternare ore/giornate di prestazione lavorativa in azienda a giornate di prestazione da remoto.
 
Possono essere attivati contratti di smart working anche per i lavoratori titolari di contratto di apprendistato, purché sia loro garantita la regolare formazione e siano poste in essere tutte quelle condizioni necessarie a creare una stretta interazione tra il tutor aziendale e il lavoratore durante la gestione dell’attività da svolgere.
 
Diversa è invece la situazione dei tirocinanti (tirocini extracurriculari). In assenza di precise disposizioni da parte delle singole Regioni, il tirocinio non potrà essere svolto con modalità di smart working in quanto la normativa che lo disciplina fa esplicito riferimento ad una “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato”. Al tirocinio, quindi, non essendo un rapporto di lavoro subordinato non si possono applicare tout court le regole dello smart working.
 
Peraltro nel silenzio sul punto della Conferenza Stato- Regioni viene, di fatto, lasciata ampia facoltà alle parti sulla scelta delle modalità di svolgimento del tirocinio, anche adottando modalità di formazione a distanza, come lo smart working, rispettando tutti i profili di sicurezza previsti dalla normativa compreso il coinvolgimento delle tre parti in causa cioè promotore, ospitante e tirocinante.
 
Molte sono le Regioni intervenute sul tema dettato dall’emergenza sanitaria prevedendo o la sospensione del tirocinio o la formazione a distanza dettandone i principi generali di esecuzione.
 
Si suggerisce, quindi, di prendere visione delle delibere della Regione dove il tirocinio si svolge.

Trattamento economico degli smart workers

Ai lavoratori che prestano la loro attività in modalità smart working deve continuare ad essere garantita la normale retribuzione di fatto già in atto indipendentemente dal luogo di svolgimento dell’attività stessa. Va tuttavia posta l’attenzione sul diritto di continuare a beneficiare di alcune tipologie di benefit pur lavorando “a domicilio” o, comunque fuori dai locali aziendali.
 
Per esempio, non è assolutamente scontato che il lavoratore in smart working continui ad avere diritto al “buono pasto” o al “ticket restaurant”. La concessione di tale benefit è lasciata all’iniziativa unilaterale del datore di lavoro (anche se e quando condivisa con le RSA) che ne determinerà limiti, destinatari, importi ecc. in apposito “regolamento”. Ed è a questo regolamento che si dovrà far riferimento per stabilire se le giornate di prestazione lavorativa con modalità smart daranno diritto o meno al riconoscimento del “buono pasto”.
 
Se nulla fosse stato previsto ab origine, nulla vieta che nella comunicazione di autorizzazione allo smart working (forma scritta “semplificata”) venga precisato, tra l’altro, anche il riconoscimento o meno al “buono pasto”.

Premio presenza di 100 euro

In base all’articolo 63, comma 1, sopra citato «ai titolari di redditi di lavoro dipendente di cui all’articolo 49, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che possiedono un reddito complessivo da lavoro dipendente dell’anno precedente di importo non superiore a 40.000 euro spetta un premio, per il mese di marzo 2020, che non concorre alla formazione del reddito, pari a 100 euro da rapportare al numero di giorni di lavoro svolti nella propria sede di lavoro nel predetto mese».
 
L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione 18/E del 9 aprile 2020, fugando ogni dubbio sul significato di “sede di lavoro”, in coerenza con la ratio del provvedimento , ha precisato che il premio non spetta per i giorni in cui il lavoratore non ha svolto la propria attività lavorativa in azienda perché in modalità di telelavoro o di smart working ( o in caso di assenza per qualsiasi altro motivo ferie, malattia, permessi retribuiti o non retribuiti, congedi, ecc.).

Regime fiscale dei lavoratori frontalieri

L’emergenza epidemiologica da Covid-19, comporta il divieto anche per i lavoratori c.d. frontalieri, di recarsi fisicamente nel luogo di lavoro situato oltre confine. Ad esempio molte aziende elvetiche hanno consentito ai propri dipendenti italiani di continuare a prestare la propria attività in modalità smart working.
 
Va osservato, inoltre, che il Consiglio federale ha disposto la limitazione "dell’entrata in Svizzera di persone provenienti da Paesi o regioni a rischio" pur consentendo alcune deroghe ( es. motivi professionali ) attentamente monitorate, anche attraverso un severo blocco delle frontiere.
 
Il problema per questi lavoratori non è tanto l’impedimento alla prestazione in territorio elvetico ma, piuttosto, le conseguenze sul piano fiscale di un reddito non più prodotto oltre confine bensì da remoto in Italia
 
La Direzione Regionale della Lombardia, rispondendo ad un interpello (Prot. n. 904-45720/2008) aveva , a suo tempo, precisato, ai fini della tassazione dei redditi in questione, che la nozione di frontaliero è riferita solo ai lavoratori che quotidianamente si recano dalla propria residenza (Comune prossimo al confine, nell'ambito della fascia di 20 Km ) in uno dei Cantoni svizzeri confinanti con l'Italia.
 
In mancanza quindi dello spostamento fisico del lavoratore, che pur continua a prestare la propria attività per l’azienda svizzera in modalità smart, verrebbe a mancare il requisito per accedere allo speciale regime dei frontalieri.
 
In considerazione di quanto sopra, tenuto conto che la fonte di reddito non muta anche nel caso di prestazione da remoto e che tale modalità potrebbe protrarsi nel tempo o diventare definitiva si attende un intervento ufficiale dell’Agenzia delle Entrate per una corretta gestione della fiscalità dei frontalieri che lavorano da remoto.

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