Riforma delle pensioni: ritorno al contratto di espansione, ma con qualche novità

14 luglio 2020

Il post Covid-19 riapre il cantiere della riforma delle pensioni. Quota 100 dovrebbe terminare il periodo fisiologico di vigenza a fine 2021. Il nuovo kick off dovrebbe essere rappresentato in primo luogo dalla riconvocazione a breve delle Commissioni di studio istituite dall’ultima legge di Bilancio 2020 sui lavori gravosi. Sul tavolo di confronto tra Governo e sindacati ci sono la stabilizzazione dell’APE sociale, quota 41 e la possibilità di una quota flessibile unisex più elevata (quota 101/102). Si guarda poi, con molto interesse, al contratto di espansione quale strumento per gestire il turnover delle aziende. quali sono le novità?

Dopo gli Stati generali dell’Economia e l’approvazione del Piano Nazionale delle Riforme sembra stiano maturando i tempi per riprendere i tavoli di confronto sul riordino del sistema previdenziale. Nel PNR si ricorda come il Governo aveva già intrapreso nello scorso mese di gennaio un confronto con le parti sociali in vista della conclusione della sperimentazione di Quota 100, che la legislazione vigente fissa per fine 2021, e si sottolinea come valuterà le scelte in materia alla luce della sostenibilità anche di lungo periodo del sistema previdenziale e del debito pubblico garantendo al contempo il rispetto per l’equità intergenerazionale e il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica in una fase così delicata.
 
Secondo le indiscrezioni, quota 100 dovrebbe terminare il periodo fisiologico di vigenza, interpretando in questo delicato momento anche il ruolo di ammortizzatore sociale, per cedere poi il testimone a nuove misure di flessibilità in uscita che dovranno essere varate per scongiurare lo scalone di cinque anni dai 62 ai 67 anni che si verrebbe a creare dal 1° gennaio 2022.
 
Si guarda poi “nel durante” con molto interesse, in combinazione con quota 100 e l’isopensione, al contratto di espansione quale strumento per gestire il turnover delle aziende

Costruire il “dopo” quota 100

Nel dialogo Governo-sindacati che era in corso ante Covid 19 le priorità individuate erano rappresentate dalla pensione di garanzia per i giovani (per limitare gli svantaggi del sistema contributivo), il reddito dei pensionati, con un'analisi della questione fiscale anche per loro, la definizione di tempi e modalità per la flessibilità in uscita, la pensione complementare; il tema dell'autosufficienza.
 
Il nuovo kick off dovrebbe essere rappresentato in primo luogo dalla riconvocazione a breve delle Commissioni di studio istituite dalla ultima legge di Bilancio sui lavori gravosi e sulla separazione della spesa sociale tra assistenza. Dovranno poi essere riprese in considerazione, con opportuno approfondimento, le soluzioni di flessibilità che erano sul tappeto, rappresentate da una stabilizzazione ed estensione dell’APE sociale, prorogata di un anno dalla scorsa manovra finanziaria, da quota 41 e dalla possibilità di una quota flessibile unisex più elevata (quota 101/102) con paletto minimo di età di 64 anni e ricalcolo interamente contributivo.
 
Andranno comunque attentamente calmierate le diverse possibilità in primo luogo con le tendenze demografiche del nostro Paese. Come sottolinea l’Istat nel proprio recente Rapporto annuale il processo di invecchiamento è un fatto ineluttabile. Per avere una idea più concreta nel 1960 gli uomini a 65 anni avevano un’attesa di vita di 13,1 anni, la medesima aspettativa le donne l’avevano a 68 anni; oggi la stessa prospettiva di vita residua la sperimentano, rispettivamente, a 73 e 76 anni. Un impatto potrebbe essere prodotto da Covid 19, si sottolinea, ma come fenomeno episodico, una sorta di “cigno nero” demografico. La crisi epidemiologica potrebbe poi determinare un sensibile effetto sulla natalità. L’Istat spiega che recenti simulazioni, che tengono conto del clima di incertezza e paura associato alla pandemia in atto, mettono in luce un suo primo effetto nell’immediato futuro; un calo che dovrebbe mantenersi nell’ordine di poco meno di 10mila nati, ripartiti per un terzo nel 2020 e per due terzi nel 2021. E la prospettiva peggiora se si tiene conto dello shock sull’occupazione. I nati scenderebbero a circa 426mila nel bilancio finale del corrente anno, per poi ridursi a 396mila, nel caso più sfavorevole, in quello del 2021. Da non sottovalutare neanche gli impatti economici della crisi. Come sottolinea la Banca d’Italia per riportare la dinamica del prodotto intorno all’1,5 per cento (il valore medio annuo registrato nei dieci anni precedenti la crisi finanziaria globale) servirà un incremento medio della produttività del lavoro di poco meno di un punto percentuale all’anno.

Il contratto di espansione

Nell’ambito degli Stati generali dell’Economia, il Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, inter alia ha evidenziato come è necessario promuovere il ricorso ai contratti di espansione e alla staffetta generazionale per favorire l’inserimento lavorativo dei giovani.
 
Va ricordato come il contratto di espansione è stato introdotto in via sperimentale per gli anni 2019 e 2020 per le imprese con più di 1000 dipendenti con, tra i diversi profili, la introduzione anche di anche una nuova tipologia di “scivolo pensionistico”. Il nuovo “contratto di espansione”, che ha preso il posto dei contratti di solidarietà espansiva , prevede la possibilità per i lavoratori che si trovino a non più di 60 mesi dal conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia, che abbiano maturato il requisito minimo contributivo, o anticipata, nell’ambito di accordi di non opposizione e previo esplicito consenso in forma scritta dei lavoratori interessati, che il datore di lavoro riconosca per tutto il periodo e fino al raggiungimento del primo diritto a pensione, a fronte della risoluzione del rapporto di lavoro, un’indennità mensile, ove spettante comprensiva dell’indennità NASpI, commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, così come determinato dall’INPS.
 
Se il primo diritto a pensione sia quello previsto per la pensione anticipata, il datore di lavoro versa anche i contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto, con esclusione del periodo già coperto dalla contribuzione figurativa a seguito della risoluzione del rapporto di lavoro.
 
Vi è ancora la possibilità che la prestazione in oggetto possa essere riconosciuta anche per il tramite dei fondi di solidarietà bilaterali già costituiti o in corso di costituzione, senza l’obbligo di apportare modifiche ai relativi atti istitutivi. Tra le ipotesi in discussione vi è quella di una stabilizzazione dello strumento con una estensione alle aziende anche con meno di 1000 dipendenti, fermi restando i comparti già protetti dai rispettivi fondi di solidarietà.
 
Oggetto di approfondimento e di confronto dovrà essere poi il legame tra copertura dell’ammortizzatore sociale e indennità economica a carico dell’azienda commisurata alla pensione.

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